Confini e sinergie: dall’opera d’arte all’oggetto di design

Confini e sinergie: dall’opera d’arte all’oggetto di design

Secondo l’enciclopedia Treccani “Il termine inglese design, che letteralmente significa “progetto” o “disegno”, si riferisce al processo di progettazione di un oggetto qualsiasi: un mobile, una macchina, una caffettiera, un apparecchio elettronico. Il designer, molto spesso un architetto, è infatti colui il quale si occupa di pianificare la realizzazione di un prodotto, studiandone attentamente, attraverso disegni su carta o al computer, attraverso simulazioni e analisi dei materiali, l’efficienza e l’utilità ma anche la gradevolezza delle forme (…)”

Il design come lo conosciamo ad oggi però ha vissuto delle trasformazioni ed evoluzioni piuttosto importanti nel tempo. Infatti, con il movimento dell’art nouveau gli oggetti iniziano ad essere concepiti con una maggiore semplicità – si cerca ispirazione nella natura e si tenta di riprodurla nella sua bellezza ma anche nella sua funzionalità, concetto che diventerà sempre più rilevante.

Dal primo Novecento il concetto di design si avvicina ulteriormente alla concezione odierna. La grande trasformazione avviene proprio nel criterio adottato: tutti gli oggetti, dal bicchiere all’edificio, hanno il medesimo approccio progettuale.

L’unità delle arti si afferma come concetto predominante e la semplicità, la bellezza e la funzionalità diventano i punti essenziali.

Questo moderno concetto di design mette insieme anche diversi modelli produttivi che, seppur ancora legati ad un’artigianalità maggiore rispetto ai giorni nostri, rappresentano l’inizio di una trasformazione. Uno dei più famosi esempi fra questi è la Wiener Werkstätte (ovvero “Officina Viennese”), fondata da un architetto (Josef Hoffmann), un disegnatore e pittore (Koloman Moser) e un’industriale e collezionista d’arte (Fritz Waerndorfer) – l’azienda, infatti, è uno dei primi esempi di associazione dell’artigiano all’economia.

Passando dal futurismo di Giacomo Balla, che non conosce confini fra un abito e il suo appendiabiti, alla rinomata scuola Bauhaus, dove l’insegnamento ha un carattere trasversale fra tutte le arti; dal razionalismo che ne deriva, alle correnti come il Memphis, che emergono per fare opposizione all’essenzialità, il concetto di design come un metodo democratico fra più oggetti ed elementi si afferma sempre di più, senza importare l’espressione formale che esso adotta.

Oggi, il design viene esteso a più elementi: non solo oggetti ma anche l’ambito digitale ne fa tesoro.

Guidati da questa forma mentis, CEDIT – Ceramiche d’Italia propone collezioni che partono da idee concrete ed esprimono il pensiero di architetti, designer ed artisti italiani: il loro concetto di design applicato al gres porcellanato: un oggetto di design.

 

RILIEVI | L’alternanza e la simbiosi tra concavo e convesso, ribasso e rialzo.

La collezione Rilevi, firmata da Zaven, è il risultato di un elaborato processo progettuale che parte da un raffinato quanto virtuoso lavoro combinatorio tra due elementi di base: una grande lastra ceramica e una sovrapposta “formella” tridimensionale. Le modalità in cui i due “ingredienti” si combinano possono variare in ragione della loro moltiplicazione numerica, delle giaciture di posa delle lastre, delle sagome ottenute accostando le formelle le une di seguito alle altre, delle combinazioni e giustapposizioni tra ciascuno degli elementi della collezione.

“Rilievi” è un’invenzione progettuale in equilibrio tra momenti storici differenti; se per un verso i moduli volumetrici delle formelle traggono ispirazione da alcuni esperimenti espressivi condotti in Italia in un periodo compreso tra anni Sessanta e Settanta, le lastre in grande formato sono il risultato di una ricerca, materiale e tecnologica, che ha raggiunto standard di qualità assoluti in tempi recenti.
Il gioco d’ombre portate sulle superfici delle lastre, dato dall’incidenza della luce sulle emergenze dei moduli, produce un effetto di profondità architettonica singolare che, in ambito specificatamente ceramico, ha pochi eguali e pone i presupposti per esplorare un’innovativa intenzione decorativa degli ambienti interni.

 

 

EURIDICE | Il mistero e la poesia della pittura. L’arte che abita lo spazio.

I tratti distintivi della collezione “Euridice”, nella loro apparente semplicità, accolgono una straordinaria complessità di riferimenti derivati dalla storia della pittura, anche comprendendo la memoria del gesto insegnata dai paleolitici: se è vero che “il passato non è un padre da uccidere ma una madre da cui trarre nutrimento”, la poetica di questa serie di eleganti ceramiche di rivestimento non intende disvelare una specifica, distintiva verità assoluta, ma proporre un sublime impiego del grès porcellanato che, assimilato a una tela grezza, definisce un’opera che resta al contempo parziale e infinita.

«Un tempo all’arte veniva dato il compito di trasferire dal mondo inanimato al mondo animato quell’oggetto che era l’oggetto d’arte. Oggi, coscienti che tutto il mondo è animato, il problema è semmai quello di dare all’artista il compito di interagire con l’intelligenza della materia.» Giorgio Griffa

 

MATRICE | Un atlante di segni componibili in molteplici combinazioni.

La progettazione di “Matrice”, anche avvalendosi di elementi di suggestione propri delle architetture moderniste italiane e studiando la particolare armonia delle partiture in cemento a vista di alcune soluzioni compositive di quella stagione creativa, ha condotto alla reinvenzione di una serie di finiture applicabili alla materia del grès porcellanato, dando la possibilità di ottenere combinazioni originali e sempre differenti delle diverse ceramiche comprese nella collezione, per realizzare ambienti abitabili di decisa intensità e di grande personalità.

“Amiamo la materia del cemento, la sua versatilità, il suo aspetto austero ed essenziale. Sulle superfici progettate abbiamo aggiunto dei segni grafici legati al gesto umano della tessitura e del ricamo.” Barbara Brondi & Marco Rainò.

 

ARCHEOLOGIE | La poetica del muro. La parete dimenticata.

L’opera d’arte può essere messa al servizio della decorazione, permettendo la costruzione di veri e propri “ambienti” pittorici di grandi dimensioni: nella collezione “Archeologie”, le superfici di grès porcellanato assumono la consistenza di una nuova, straordinaria porzione di spazio su cui l’autore trasferisce e deposita alcuni tratti salienti della sua personale poetica d’artista, sviluppando una proposta di rivestimento contemporanea che, visivamente, ha le sembianze di un manto colorato destinato a sopravvivere al tempo e a diventare memoria.

«La parete è come un libro da sfogliare, un viaggio verso l’interno che consente di rintracciare il vissuto, le memorie, i segni, i simboli, tutto ciò che nel corso dei secoli quel frammento di muratura ha raccolto.» Franco Guerzoni

 

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