Retail design: evoluzione e nuovi spazi

Retail design: evoluzione e nuovi spazi

“Era il 1977 la prima volta che Andy Warhol entrò nel mio negozio di New York, l’unico che avesse anche una caffetteria, dove si organizzavano eventi culturali trasformandosi in un palcoscenico curioso coraggioso e ludico, e rimase talmente affascinato da decidere che quella era la location ideale per lanciare le copie della sua rivoluzionaria rivista Interview”Con queste parole Elio Fiorucci non solo ricorda con emozione l’incursione del padre della Pop Art nel suo store, ma rivela quelli che saranno i principi chiave del progetto per il retail contemporaneo.

 

Negozio Fiorucci New York
Negozio Fiorucci degli anni 70’ – New York (USA)

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Lo spazio come esperienza sensoriale

Se già lo era negli anni ‘70, oggi più che mai il progetto per il retail è esposto a svariati stimoli esterni, in gran parte derivanti dalle forme di acquisto online, molto dinamiche e specchio dei continui cambiamenti nella comunicazione. Un tempo il negozio, la boutique e lo showroom erano gli spazi di esposizione e di vendita per antonomasia, quei luoghi riconoscibili e identitari di un certo brand che rimanevano spesso immutati per molti anni, testimonianza diretta della durata e della solidità aziendale. Nell’era di Instagram, della realtà virtuale e delle ultime frontiere del marketing digitale, quegli stessi spazi commerciali sono solo uno dei tanti punti – fisici e non – dove la merce viene esposta.

La domanda sorge spontanea: i classici negozi su strada sono destinati a scomparire o dissolversi presto? No, anzi, possiedono degli assi nella manica che il mondo virtuale non ha: la possibilità di arrivare ai cinque sensi attraverso l’uso e l’integrazione dei materiali stimolando le corde percettive dell’uomo, in altre parole emozionando e offrendo un’esperienza a 360°. Facciamo un parallelo per esempio con il mondo editoriale. All’avvento del mercato degli ebook si sprecavano scenari apocalittici da Fahrenheit 451, tuttavia la lettura digitale non è riuscita a soppiantare quella su carta anzi, ne ha esaltato i caratteri: l’uso dei diversi formati, le carte, le grafiche, i font, i tipi di rilegatura, gli odori – pardon! – il profumo, della carta. Il mercato dei giovani si muove in tal senso, all’opposto di quello che si potrebbe pensare: uno studio pubblicato sul Washington Post ha dimostrato che gli studenti oggi preferiscono la carta piuttosto che la lettura digitale. (link)

 

La progettazione dell’esperienza di acquisto

L’architettura, come diceva Le Corbusier, “è il gioco sapiente, rigoroso e magnifico dei volumi sotto la luce”, in altre parole solo un bel progetto può restituire un’esperienza spaziale indimenticabile e ciò, almeno per il momento, non è possibile nel mondo virtuale. Complice la molteplicità dei linguaggi e delle forme di comunicazione utilizzate e la crescita inesorabile dell’acquisto online, la fisicità della customer experience è una condizione da tenere bene in considerazione in fase progettuale. L’evoluzione tecnologica degli ultimi anni ha, infatti, influito in maniera determinante sulle modalità di conoscenza e acquisto di nuovi prodotti. 

Il negozio – per usare una parola inglese con un significato più ampio diremmo lo store – rappresenta un luogo che oggi non serve solo per vendere la merce, ma è necessario in quanto potente strumento per comunicare i valori del brand e racchiuderli in un’esperienza spaziale.

Puma store Herzogenaurach (DE)

Puma store – Herzogenaurach (DE)
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Certi store hanno rafforzato l’identità degli stessi brand più che i singoli prodotti, accrescendone e incrementandone il valore. Le boutique di un noto brand italiano progettate dallo studio olandese OMA ne sono degli esempi: quella di New York si struttura intorno ad una scalinata espositiva che si trasforma in una superficie curva, mentre quella di Los Angeles si presenta su strada come un monolitico austero, ma attraverso dei coni vetrati permette di scorgerne l’interno. Queste esperienze di progettazione retail hanno così accompagnato il processo di mutazione degli spazi di vendita verso qualcos’altro, permettendo di aprirsi ad altri campi, in altre parole fissando nel retail concept design quegli acerbi princìpi degli stores di Fiorucci.

 

Parola d’ordine: flessibilità

Ai progettisti viene sempre più richiesto di progettare spazi retail che sappiano ospitare diversi tipi di eventi, dall’inaugurazione di una collezione speciale durante la Design Week a una mostra d’arte, una proiezione cinematografica, una presentazione di un libro, un concerto. La flessibilità è, quindi, un principio da tenere in forte considerazione. Se il desiderio di ogni grande azienda o di un semplice esercizio a conduzione famigliare è quello di avere dei clienti sempre più fidelizzati, l’architettura degli spazi commerciali gioca un ruolo essenziale per il raggiungimento di tale obiettivo. Il consumatore si sentirà così parte di un club dove gli eventi e i momenti organizzati e a lui dedicati non saranno orientati alla sola vendita, ma ne rafforzeranno il rapporto con il brand, andando a scardinare la sola semplice esperienza di acquisto-vendita, che sarà multisensoriale e rimarrà impressa nel tempo.

 

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